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Malaysian Mother Describes Her “Allergy” to Wireless Radiation

Caricato il 10 agosto 2015

Testimonianza di una donna della Malesia, che descrive come le radiazioni emesse da laptop e ripetitori della telefonia mobile la facciano ammalare.
Lei è una dei tanti elettrosensibili che manifestano un caratteristico rash maculo-papulare molto pruriginoso a seguito della esposizione a tali radiazioni.

Nel link qui sotto potete leggere la versione in inglese dell’articolo di un giornale della Malesia che tratta del crescente problema dei CEM in alta frequenza e racconta la storia di questa donna:

http://english.astroawani.com/malaysia-news/wireless-technology-are-we-ignoring-potential-health-risks-39806

Nel video qui sotto, invece, potete ascoltare la diretta testimonianza della donna:

I ragazzi azzerano l’elettrosmog

13 luglio 2015 – “Alto Adige”

Alle elementari De Amicis a Maia Alta, gli studenti hanno sostituito i cordless con i normali telefoni.

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MERANO. I ragazzi della quarta elementare delle scuole De Amicis di Maia Alta si sono trasformati in cacciatori di onde elettromagnetiche per ridurle al minimo dentro l’edificio che frequentano ogni giorno. Questa la singolare esperienza che si è conclusa nell’istituto guidato dalla preside Vally Valbonesi. La classe IV si è dimostrata sensibile e attenta all’argomento dell’elettrosmog e ha partecipato con interesse e curiosità alle lezioni concordate con il dottor Imbesi del Centro tutela consumatori.

Ragazzi e consulente hanno cercato di rispondere alla domanda: possiamo toccare con mano l’inquinamento elettromagnetico? Quali conseguenze può avere su natura ed esseri viventi? In sostanza che effetto hanno le onde sulle persone e sui vegetali? A tal fine sono state coltivate anche delle piantine di crescione, con alcune vaschette in ambiente molto irradiato, altre in ambiente meno irradiato.

L’intera classe, munita di strumenti appositi, è giunta ben presto a scoprire che tutto l’edificio era pervaso da segnali Dect, fino ad un livello massimo di 3.000 microwatt per metro quadro. Con l’aiuto della dirigente scolastica, i ragazzi hanno capito che questi segnali servivano all’organizzazione della comunicazione con il personale non docente, vuoi per gestire la presenza dei ragazzi nella mensa, vuoi per rispondere alle varie necessità logistiche all’interno della scuola.

Serve per forza una comunicazione senza fili che produce onde elettromagnetiche soprattutto dato che l’intera scuola è cablata? No. È stata allora inoltrata una richiesta al Comune di Merano per ottenere la disattivazione di tali ripetitori cordless distribuiti all’interno della scuola. Il personale ha fatto ricorso invece ai normali telefoni interni, senza più usare i cordless.

Le misurazioni poi sono state ripetute con il risultato che da 3 mila microwatt si è scesi ad appena 5.

Ma le onde producono effetti anche sui vegetali. Il confronto tra il crescione irradiato e quello coltivato in ambiente meno esposto non ha lasciato dubbi. Le piantine irradiate sono risultate ingiallite e meno rigogliose rispetto a quelle collocate in ambiente meno esposto, pur curate e annaffiate nel medesimo modo. I ragazzi hanno poi ripetuto gli esperimenti a casa sotto la guida dell’insegnante Daniela Nardin. Alla fine del progetto gli alunni hanno dichiarato l’intenzione di saperne di più per poter operare scelte consapevoli che tutelino la loro salute. (rog)

Articolo originale:

http://altoadige.gelocal.it/bolzano/cronaca/2015/07/13/news/i-ragazzi-azzerano-l-elettrosmog-1.11773203?refresh_ce

Elettrosmog, il male del nostro tempo?

22 luglio 2015 – ISDE Centrale

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<<L’elettrosmog è sicuramente uno dei principali problemi del nostro tempo e del mondo moderno in cui viviamo, fatto di wi-fi liberi e illimitati. Proprio per questo è facile accusare dei malesseri dovuti all’inquinamento da elettrosmog.

In particolare si parla di elettrosensibilità, quando si ha un’ intolleranza elettromagnetica o EHS (Electromagnetic HyperSensitivity) che viene comunemente associata alla sindrome da sensibilità chimica multipla (MCS , Multiple Chemical Sensitivity). Sintomi tipici collegati alla ipersensibilità elettromagnetica sono: sonnolenza, malessere e mal di testa, sbalzi d’umore, lacrimazione e dolore agli occhi, difficoltà di concentrazione, vertigini e tinnito, intorpidimento e formicolio, nausea e flatulenza, convulsioni, sensibilità al rumore, alterazione dell’appetito, disturbi visivi, irrequietezza, rossore.

Proprio su EHS e MCS parla la Dichiarazione scientifica internazionale di Bruxelles, stilata da medici, ricercatori e scienziati di tutto il mondo, dopo il 5° Congresso di Parigi, e firmata anche da Roberto Romizi, presidente di ISDE – Italia.

Nella Dichiarazione si legge: “Noi medici, in conformità con il giuramento di Ippocrate, noi scienziati, che agiamo in nome della verità scientifica, tutti noi medici e ricercatori che lavoriamo in diversi paesi del mondo dichiariamo che: un numero elevato e sempre crescente di persone soffre di EHS e MCS; che EHS e MCS possono colpire le donne, gli uomini e i bambini; che, sulla base delle prove scientifiche attualmente disponibili (…) e sulla base di indagini cliniche e biologiche effettuate sui pazienti, EHS è associato all’esposizione a campi elettromagnetici e MCS all’esposizione chimica; (…); che l’innesco della malattia (…) può essere ottenuto anche in un ambiente naturale con livelli limitati di elettromagnetismo; (…); che gli attuali (…) test di provocazione che mirano a riprodurre EHS e MCS sono scientificamente difficili da ricostruire e quindi (…) sono in realtà poco adatti per provare o confutare la causalità (…); (…); che nuovi approcci stanno emergendo per la diagnosi clinica e biologica di EHS e MCS compreso l’uso di biomarcatori; che EHS e MCS possono essere due facce della stessa condizione patologica, che può causare gravi conseguenze per la salute, la vita professionale e familiare; infine, che EHS e MCS dovrebbero essere pienamente riconosciuti dalle istituzioni internazionali e nazionali con responsabili per danni alla salute umana.


(…) EHS e MCS vanno riconosciute come vere condizioni mediche e in qualità di malattie possono creare gravi problemi per la salute pubblica oggi e negli anni a venire, in tutto il mondo e in tutti i paesi in cui c’è un utilizzo illimitato di tecnologie wireless elettromagnetiche (…). L’inazione sta diventando un costo per la società (…).
Anche se la nostra conoscenza scientifica sull’argomento non è del tutto completa, riconosciamo unanimemente questo grave pericolo per la salute pubblica, che richiede con urgenza il riconoscimento di questa condizione a tutti i livelli internazionali, in modo che le persone possano beneficiare di strumenti diagnostici adeguati, trattamenti innovativi e, soprattutto, che vengano prese estreme misure di prevenzione primaria (…), applicate soprattutto (…) ai bambini e ad altri sottogruppi di popolazione più vulnerabile (…).


Chiediamo pertanto a tutti gli organi e a tutte le istituzioni nazionali e internazionali di prendere coscienza di questo problema (…), in particolare l’OMS, che dovrebbe aggiornare la sue dichiarazioni, quella del 2005 e quella del 2014, riconoscendo EHS e MCS come parte della Classificazione Internazionale delle Malattie (…) al fine di aumentare la consapevolezza della comunità medica e del pubblico in generale; per promuovere la ricerca e per informare sulle efficaci misure di prevenzione.
Chiediamo che ci venga data una risposta a questa nostra Dichiarazione entro il 15 Settembre 2015.
”>>

http://www.isde.it/elettrosmog-il-male-del-nostro-tempo/

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Leggi la Dichiarazione di Bruxelles 2015:

Déclaration-de-Bruxelles 2015

“Il 18% soffre di ipersensibilità ai campi”

16 febbraio 2013 – Estratto da un articolo del “Giornale di Reggio” – di Adriano Arati

L’articolo è disponibile per intero al seguente link:
Articolo-Giornale di Reggio-16 febbraio 2013-Elettrosensibili

[Una precisazione: attualmente la zona elettrosmog free certificata della quale si parla nell’articolo non può più essere considerata adatta a chi soffre di ipersensibilità elettromagnetica]

“L’ingegnere Stampacchia: “Ma chi ha dei disturbi non capisce la causa e viene curato per altre patologie”

VILLA MINOZZO – E’ una fetta sempre più alta della popolazione italiana (ma il discorso vale per tutto il mondo occidentale) quella che risente degli effetti dei campi elettromagnetici. Di questo fenomeno ha parlato a Villa Minozzo l’ingegner Marcello Stampacchia, che dal 2002 lavora sui problemi legati alla sistemazione delle stazioni di diffusione del segnale. Inoltre, con la moglie ha creato a Brisighella la prima area elettrosmog free in Italia e in Europa, aperta per circa tre anni. Oggi gestisce un bed and breakfast che vanta un attestato di “elettrosmog free”, rivolto a persone elettrosensibili. «Parlo di conseguenze non letali, ma comunque molto invasive per la vita delle persone. Si calcola che ad oggi circa il 18% della popolazione mondiale soffra di ipersensibilità ai campi elettromagnetici, ed il 99% di queste persone non lo sa, ha dei disturbi di cui non capisce la causa». E l’elenco dei problemi sanitari è lunghissimo: dalle escoriazioni alla pelle alla carenza di sonno, dagli sbalzi di pressione a vari tipi di emicranie, sino ad arrivare – in pochissimi casi gravi – alla leucemia. «Nelle città le persone vivono in un campo elettromagnetico permanente, ma difficilmente si pensa alla presenza di antenne e router wi-fi come causa dei loro problemi», ha spiegato Stampacchia. «Negli ultimi dieci anni c’è stato un aumento fortissimo nell’uso di antidepressivi (circa il 310%) e di oppioidi analgesici (sul 230%). Ci sono altre cause, dallo stress all’aumento dello spettro di azione dei farmaci? Certamente, ma anche la presenza dei campi elettromagnetici è innegabile. Inoltre, chi viene curato per l’elettrosensibilità rischia di venir curato con trattamenti psichiatrici o psicologici, con le conseguenze del caso». Questi problemi «spesso non hanno soluzioni facili. Anche scoprendo la causa, ed eliminandola dalla propria casa, si deve poi fare i conti con gli strumenti e le attrezzature dei vicini, che possono avere a loro volta effetto. E non sempre è possibile trovare degli accordi. C’è gente che ha dovuto cambiare appartamento, per questo motivo». Stampacchia ha poi ricordato come i campi elettromagnetici hanno varie funzioni, anche come armi: «tutti i paesi più moderni hanno armi elettromagnetiche, in Occidente sono usate da tanti anni, anche in Italia». Ed ha citato una ricerca di un ex ufficiale dei servizi segreti britannici, Barrie Trower, che nel 2001 ha completato uno studio sugli effetti dei campi elettromagnetici, commissionata dai servizi segreti, ed ha parlato dei «numerosi effetti sulla salute dei campi, che in generale deprimono il sistema immunitario». (adr.ar.)”

La nostra vita da elettrosensibili – Il calvario di Paolo e Sergio, ipersensibili ai campi elettromagnetici

6 agosto 2014 – “Voci di Milano” – di Marco Puelli

“In fuga dalla tecnologia e costretti al ritiro sociale. Sono quasi due milioni gli italiani affetti da quella che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce ipersensibilità ai campi elettromagnetici. Una patologia che colpisce il 3% della popolazione mondiale, di cui il 10% diventa gravemente disabile. Gli elettrosensibili attribuiscono il loro malessere alle onde elettromagnetiche a bassa frequenza, emesse dagli elettrodotti, e ad alta frequenza, emesse da stazioni radio base, antenne della telefonia mobile, sistemi wi-fi e cellulari. Oggetti che sono entrati nella nostra vita quotidiana, ma che per gli elettrosensibili si trasformano in un nemico da evitare ad ogni costo. «Noi – afferma Paolo Orio, vicepresidente dell’Associazione Italiana Elettrosensibili – come tutti, eravamo entusiasti delle possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico. Ma tutto cambia radicalmente, quando ti accorgi che la fonte del tuo problema viene proprio da quella tecnologia che dovrebbe essere al tuo servizio e che, invece, ti rema contro».

Paolo, 50enne veterinario a Gallarate, è elettrosensibile da 15 anni: «Nel 1999, dopo tre anni di uso prolungato del cellulare, ho iniziato ad avvertire sintomi che non avevo mai provato in vita mia. Ogni volta che portavo il cellulare all’orecchio si manifestavano immediatamente disturbi come cefalea, emicranie, acufeni, vertigini, nausea, tachicardia, arrossamenti cutanei e perdita dell’equilibrio. Quando allontanavo il cellulare, i disturbi gradualmente diminuivano, fino a scomparire. Ho smesso di usare il cellulare, ma questo non è bastato, perché avvertivo le frequenze dei telefoni delle altre persone, dei sistemi wi-fi e degli elettrodotti».

Anche Sergio Crippa, 58enne designer milanese, si è ammalato dopo una prolungata esposizione ai campi elettromagnetici: «Circa 10 anni fa, ho abitato in una casa-studio. Un posto che faceva corpo con una cabina elettrica condominiale, che disegnava due delle pareti del mio locale. Dopo tre anni, cominciai ad avvertire sudori freddi e nausee. Da molto tempo utilizzavo il telefonino, ma, quando parlavo al cellulare nello studio, avevo conati di vomito, un sapore metallico in bocca, pupille dilatate, sensazione di svenimento. La situazione peggiorava di settimana in settimana. A volte sentivo crescere poco a poco dentro di me un senso di malessere mentale e fisico. La cosa più fastidiosa erano i problemi alle gambe: era come se il mio corpo si dividesse in due, camminavo ma non sentivo le gambe. Alla fine, ho dovuto lasciare lo studio e trasferirmi. Ora sto meglio, ma, se mi avvicino a qualche sorgente, i disturbi ritornano».

La vita di un elettrosensibile viene completamente stravolta dalla malattia. «Una persona elettrosensibile – racconta Paolo – non può più andare al cinema, a teatro, al ristorante, e in tutti quei luoghi dove siano presenti campi elettromagnetici. Ho dovuto schermare la mia auto con un materiale speciale, per ridurre l’impatto delle onde emesse dalle centraline elettriche. In casa ho tolto il wi-fi e la corrente dietro il letto. Ci sono casi di elettrosensibili costretti a vivere su una barca, o nelle foreste, lontano dai loro affetti, e ci sono elettrosensibili che sono venuti a mancare suicidandosi».

L’Oms non ha riconosciuto il nesso di causalità con l’esposizione ai campi elettromagnetici e la medicina è impotente. «La nostra malattia – continua Paolo – non è inserita nei codici ICD (International Classification of Diseases), quindi le strutture mediche non hanno gli strumenti per fornire una prognosi, una diagnosi e una terapia, e ci confinano nella psicopatologia. Troppo spesso siamo costretti a lasciare il nostro impiego, perché il medico del lavoro non può rilasciarci un certificato per ottenere un cambio di mansione, come invece accade in Svezia, dove l’elettrosensibilità è riconosciuta come disabilità e dove il datore di lavoro è obbligato ad affidare al lavoratore elettrosensibile mansioni adeguate alla sua condizione. Purtroppo la nostra patologia è irreversibile. L’unico modo per stare meglio è evitare le sorgenti. Tuttavia a Milano, come in molte altre città, si contano più di 1600 impianti. Dove un elettrosensibile può trovare pace?».”

http://www.vocidimilano.it/articolo/lstp/43056/

Trecentomila malati di telefonino. Aumentano gli elettrosensibili. «Entro il 2017 aumenteranno del 50%, ma la Regione non riconosce il problema»

6 marzo 2015 – “Il Corriere della Sera”, Cronaca di Milano – di Isabella Fantigrossi

Getty
“Mal di testa, nausea, vertigini, pelle arrossata. Sintomi fastidiosi che, nei casi più gravi impediscono di condurre una vita normale e che compaiono vicino a cellulari, cordless o reti wi-fi. A soffrirne sono i cosiddetti elettrosensibili, i malati di radiazioni elettromagnetiche. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sarebbero fino al 3% della popolazione. «Circa 300 mila persone in Lombardia che ancora oggi non vengono né aiutate né tutelate», dice Paolo Orio, veterinario di Gallarate, vicepresidente dell’associazione italiana elettrosensibili (Aie) e malato lui stesso. L’Oms ha, infatti, riconosciuto l’elettrosensibilità solo parzialmente: i problemi di salute esistono, ma il rapporto causale tra disturbi ed esposizione ai campi elettromagnetici è ancora tutto da verificare. «Purtroppo è molto difficile dimostrare gli effetti biologici dell’esposizione a campi elettromagnetici bassi», spiega Ernesto Burgio, alla guida del comitato scientifico dell’Isde (International society of doctors for environment) che, a maggio, parteciperà a una conferenza sul tema a Parigi. «Resta, però, un fatto — dice Burgio — : le evidenze che le onde elettromagnetiche possano fare male a tutti, più o meno sensibili, ci sono già». E così, mentre la Svezia l’ha ammessa come una vera e propria disabilità, in Italia è tutto fermo.

«Qualche Regione si sta muovendo – racconta Giorgio Cinciripini, cremasco e coordinatore della rete No Elettrosmog – riconoscendo la sensibilità chimica multipla, a cui spesso si associa l’elettrosensibilità. In Lombardia, invece, ancora nulla». E il timore è che, con l’aumento delle tecnologie wireless, i numeri possano ancora crescere: secondo il professor Angelo Gino Levis, ordinario di mutagenesi ambientale a Padova, nel 2017 il 50% della popolazione potrebbe diventare elettrosensibile. Tanto più che ora il governo sta pensando di alzare i limiti dei campi elettromagnetici da 6 a 61 V/m: motivo per cui nei giorni scorsi l’associazione Amica ha lanciato una petizione, già firmata da un centinaio di medici, fisici e ingegneri, per chiedere di investire sulle connessioni via cavo, «le uniche prive di controindicazioni per la salute».

Intanto gli elettrosensibili si arrangiano come possono. «Mi sono ammalato nel 1999 – racconta Paolo Orio -. Un giorno ho preso in mano il cellulare e ho cominciato a stare male e a sentire formicolio alla testa. Dopo mesi di visite, ho capito di cosa soffrivo, anche perché stando lontano da telefonino e cordless i sintomi sparivano». O Annunziata Di Fonte, medico del lavoro di Lonate Pozzolo: «Tollero il wi-fi per un quarto d’ora, poi comincio a sentire calore, mal di testa, mi compaiono ponfi rossi sul viso. Purtroppo la malattia ha un impatto notevole sulla mia vita: in macchina, quando incrocio i ripetitori, ho delle scosse muscolari e fatico a concentrarmi; in casa ho dovuto mettere delle tende schermanti e un impianto elettrico a 16 volt. E poi non posso più viaggiare in treno, né andare al cinema: troppi telefonini accesi. Ma so come comportarmi perché sono un medico. Gli altri malati no».
Ecco perché le tante associazioni chiedono un riconoscimento, anche per avere le cure. «Ogni settimana riceviamo chiamate di persone che ci chiedono come ridurre l’impatto elettromagnetico. È ora che si intervenga», dice Sergio Crippa dell’Aie.”

http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/15_marzo_06/lombardia-trecentomila-malati-telefonino-a77f5ec2-c3e5-11e4-8449-728dbb91cb1a.shtml?refresh_ce-cp

Tumore all’orecchio, la Cassazione accorda la malattia professionale per l’uso del cellulare

22 ottobre 2012 – Guida al diritto de “Il Sole 24 Ore”

[Articolo datato sulla sentenza che facilita le altre cause su casi di tumore da esposizioni lavorative sia a CEM/ELF (linee elettriche ad alta tensione) che a radiofrequenze (non solo cellulari e cordless, ma anche radioemittenti e radar).
La rilevanza di tale sentenza deriva dal fatto che essa potrebbe anche aprire la strada al riconoscimento di patologie acute di varia natura dovute all’esposizione ai CEM, e persino a patologie imputabili ad altri agenti ambientali “non tabellati” dall’INAIL.]

“Riconosciuta la malattia professionale per un tumore insorto all’orecchio sinistro di un lavoratore dipendente che per 12 anni aveva utilizzato il cellulare ed il cordless per 5-6 ore al giorno. Anche se, come accertato in letteratura, il neuroma del Ganglio di Gasser colpisce soprattutto il nervo acustico e non il trigemino, la Cassazione, sentenza 17438/2012, ha ravvisato “almeno un ruolo concausale delle radiofrequenze nella genesi della neoplasia”, riconoscendo al lavoratore una invalidità dell’80% e la conseguente corresponsione dell’assegno a carico dell’Inail.

Il rischio aggiuntivo
La difesa del lavoratore aveva infatti prodotto una lunga documentazione scientifica, condivisa dal giudice di secondo grado, che se non permetteva un “giudizio esaustivo”, individuava “un rischio aggiuntivo per i tumori cerebrali”, ed in particolare per il neuroma, dopo l’esposizione per oltre 10 anni a radiofrequenze emesse da telefoni cellulari e portatili. Elementi ritenuti “molto rilevanti” in quanto ben rappresentavano il caso del lavoratore in questione.

Il rilevante grado di probabilità
Promosso, dunque, il ragionamento della Corte di appello di Brescia che aveva ravvisato la “probabilità qualificata” dell’esistenza di una relazione tra l’suo del telefono per motivi di lavoro e l’insorgenza della patologia. Infatti, nei casi di malattia professionale non tabellata, come anche in quelli di “malattia ad eziologia multifattoriale”, spiega la Suprema corte, “la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può invece essere ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità”.

In questo senso, il giudice deve consentire all’assicurato non solo di esperire i mezzi di prova ammissibili ma anche “valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale”, alla luce delle caratteristiche in cui concretamente si svolgeva il lavoro. E dunque, i tempi, i macchinari utilizzati ecc.

La prova del vizio di motivazione
Non solo, proseguono i giudici, “nei giudizi in cui sia stata esperita una Ctu di tipo medico-legale, nel caso in cui il giudice del merito si basi sulle conclusioni dell’ausiliario giudiziale, affinché i lamentati errori e lacune determinino un vizio di motivazione denunciabile in cassazione, è necessario che i relativi vizi logico formali si concretino in una palese devianza dalle nozioni della scienza medica o si sostanzino in affermazioni illogiche o scientificamente errate”, da dimostrare con altrettante prove scientifiche. Mentre così non è stato. Infatti, l’Inail nel contestare l’esistenza di un legame tra il neuroma del nervo acustico e quello del trigemino non ha allegato alcuna ulteriore fonte scientifica.

Una valutazione a tutto tondo
Mentre “significativamente” la sentenza di appello seguendo le osservazioni contenute nella perizia tecnica “ha ritenuto di dover ritenere di particolare rilievo quegli studi che avevano preso in considerazione anche altri elementi, quali l’età dell’esposizione, l’ipsilateralità e il tempo di esposizione”, come visto, tutti fattori rilevanti in quanto presenti nel caso di specie. Non solo, la Cassazione ha accordato anche un credito in più agli studi citati dalla Ctu proprio perché indipendenti e non finanziati dalle aziende telefoniche.”

http://www.diritto24.ilsole24ore.com/guidaAlDiritto/civile/civile/primiPiani/2012/10/tumore-allorecchio-la-cassazione-accorda-la-malattia-professionale-per-luso-del-cellulare.php

TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA:

http://static.ilsole24ore.com/DocStore/Professionisti/AltraDocumentazione/body/13500001-13600000/13577519.pdf